Era un avvocato di 30 anni ucciso in tribunale a Milano. Per lui i suoi genitori hanno creato un premio di traduzione all'isola d'Elba. Una storia in cui il lutto fa unire linee e puntini
«È difficile immaginare davvero cosa significhi perdere un figlio, la mente rigetta l’idea. La lingua stessa sembra rifiutarsi di esprimere il concetto: abbiamo “orfano” per chi perde i genitori ma non c’è parola, in italiano, per il contrario. So che esiste un termine in ebraico e in arabo, ma non voglio cercarlo, mi fermo al sanscrito che prende a prestito la parola"vilomah", “contro l’ordine naturale”. Sul dopo c’è una pausa di silenzio.
Sono le 11 quando il giovane avvocato viene chiamato a testimoniare nell’aula al terzo piano del Palazzo di Giustizia. Alberta ha ascoltato le registrazioni della seduta: la voce di Lorenzo inizia a pronunciare la formula di rito «Giuro di dire la verità, tutta la verità…» ma viene spezzata da uno scoppio d’arma da fuoco. Giardiello ha estratto dal nulla una Beretta e lo ha. Forse mira al pubblico ministero Luigi Orsi, a vuoto.
Giardiello viene condannato all’ergastolo. Alberta dichiara ai giornalisti: «È stata emessa una sentenza, la vendetta la lasciamo a Giardiello perché è un sentimento che non ci appartiene. La giustizia per me è un’altra cosa: è vivere e fare in modo che eventi come questo non succedano». Lo zio di Lorenzo aggiunge: «In tutta questa vicenda la cosa più assurda è che un uomo è entrato in tribunale con un’arma.
di Roberto Bolaño: «Il nocciolo della questione è sapere se il male è casuale o causale. Se è causale, possiamo lottare contro di lui, è difficile da sconfiggere ma c’è una possibilità, più o meno come per due pugili dello stesso peso. Se è casuale, al contrario, siamo fregati. Che Dio, se esiste, abbia pietà di noi. È a questo che si riduce tutto».
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