Su Sky Uno arrivano il 3 settembre le nuove puntate di «4 ristoranti»: «Chi fa pagare il taglio di un toast fa un danno a tutti. Credo di aver insegnato un nuovo linguaggio»
Nei suoi ristornati, Alessandro Borghese ha messo dei taccuini: «Voglio che i clienti diano i voti anche a me». Tra i primi cuochi a debuttare in televisione, lo chef sa che con il suo programma,, ormai un piccolo cult, ha contribuito a cambiare il modo in cui la gente si approccia alla cucina e alla ristorazione. «E quindi anche io devo essere valutato, ci mancherebbe», racconta a pochi giorni dal ritorno del programma su Sky Uno e in streaming su Now.
E Borghese, dopo tanti anni, di giocare attraverso questo format non si stanca proprio: «Ci sono in ogni nuova tappe delle emozioni meravigliose: ci divertiamo e cerchiamo anche di spingerci ogni volta un po’ più in là, mostrando anche un’Italia inconsueta. Inoltre per me è una fonte d’ispirazione continua: trovo nuove ricette, nuovi prodotti, nuovi fornitori».
Racconta con passione, la stessa che ha portato da poco a New York, dove è andato a cucinare, con altri chef, «per far diventare la cucina italiana patrimonio immateriale dell’Unesco». Come vive quindi le notizie di colleghi che fanno pagare il taglio di un toast? «Sembrano barzellette, ma è black humor. Bisognerebbe puntare a far tornare i clienti, non a spennarli, se no si crea un danno d’immagine per tutti.
La voce «conto» è uno dei criteri di valutazione di un ristorante anche nel suo show: «È una parte fondamentale: penso di aver insegnato anche a casa a controllarlo». Tra i concorrenti non bara mai nessuno? «Io faccio sempre, a tutti i ristoratori, grandi premesse, tra cui quella di non fare i furbi cambiando i prezzi perché poi la gente non torna. C’è chi lo ha fatto ma poi tanti di quei furbacchioni hanno dovuto chiudere».
Il suo «diesci» è entrato nello slang comune. «Sì, come il “confermare o ribaltare”. Complice la mia cadenza sono diventato fonte di infiniti meme e barzellette, ne vedo di ogni e ne sono orgoglioso: devo solo ringraziare». È stato un pioniere della cucina in tv: quanti chef l’hanno criticata all’inizio e poi l’hanno raggiunta? «Uhh, tanti. Mi dicevano: noi dobbiamo stare in cucina. Anzi.
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